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Al
Rifugio Torsoleto
Durante la settimana sono riuscito a far fronte a tutti gli impegni presso
la Rsa di Pralboino e ho deciso di ascoltare la vocina interna che da
parecchio tempo mi chiedeva sommessamente "quando si va in montagna?".
E' così che ieri ho deciso di tornare a visitare il Rifugio Torsoleto,
situato nel territorio di Paisco Loveno (comune dell’Alta Valle
Camonica, sulla strada per il passo del Vivione).
In tutta sincerità
sognavo di riprendere a camminare in montagna, da solo o in compagnia,
e così il sogno è divenuto realtà.
Questa
mattina, 13 agosto 222, di buona ora ho raggiunto il paesino di Loveno
e, parcheggiata la macchina, ho iniziato la salita, pieno di energie e
illuso di arrivare a destinazione senza molta fatica.
Ebbene le cose sono andate diversamente. E' vero: nelle settimane scorse,
come allenamento, ho camminato nella piatta pianura della bassa bresciana
per due ore e due-tre volte alla settimana. Ma l'illusione è durata
poco: la camminata in montagna richiede ben altro allenamento ed energie
che incominciano a scarseggiare alla mia età.
La mia memoria mi ha riportato alla mente come solevo affrontare baldanzoso
questo sentiero lungo e faticoso nelle precedenti visite. La salita di
oggi, in realtà è stata una faticaccia, anche se effettuata
in tre ore, superando un dislivello di 1.100 metri circa. Infatti Loveno
è posto a 1300 metri sul livello del mare e il Rifugio di Torsoleto
a 2390 metri. Avevano ragione i miei nonni quando saggiamente mi dicevano:
"Invecchiare è una brutta bestia, ma te ne accorgi quando
ormai non puoi più correre ai ripari".
Durante il rientro sono pure caduto sul sentiero a causa di un imprevisto:
due ferretti degli scarponi si sono incastrati l'uno con l'altro impedendomi
di portare in avanti il piede correttamente e così mi sono ritrovato
a terra, sbattendo la mandibola sinistra su un sasso. Il poeta divino
Dante Alighieri avrebbe detto: "Caddi come corpo morto cade".
Comunque mi sono prontamente rialzato per constatare eventuali danni ai
denti e al viso: fortunatamente niente di serio, solo due o tre piccoli
tagli superficiali al viso.
Il Rifugio
è dedicato alla memoria di Battistino Bonali e Giandomenico Ducoli,
morti l'8 agosto del '93 durante la scalata della parete nord del Monte
Huascaran in Perù.
Esso è gestito dall'Operazione Mato Grosso, un movimento di volontari
che dal 1967 lavorano gratuitamente in favore dei poveri di Brasile, Bolivia,
Ecuador e Perù. Il ricavato dalla gestione è devoluto interamente
alle loro necessità. Anch'io ho lasciato un piccolo contributo
in denaro. I gestori, in cambio, mi hanno donato una bella cartografia
dei rifugi lombardi e un opuscolo dedicato ai grandi carnivori della zona
che ha lo scopo di diffondere la conoscenza degli animali per educare
le persone alla convivenza con loro.
Allo
stremo delle forze, ho terminato il percorso di rientro e ho recuperato
l'automobile parcheggiata in un piccolo spazio.
Una cosa che non ho imparato solo oggi ma di cui devo far tesoro: la montagna
è grandiosa, ti trasmette profonde emozioni, ti esalta, ma va affrontata
con graduali, allenanti salite.
Molto bella la genzianella lutescens, ben documentata nella parte finale
del sentiero, in prossimità del rifugio.
Alcune
immagini dell'escursione
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