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Sabato 22 luglio 2006 mi dedico ad una escursione sulla montagna conosciuta
ed amata da tutti i bresciani o quasi: il monte Guglielmo o Gölem.
A questa cima si può accedere da diversi versanti (da Zone, da
Caregno, da Cimmo, dalla valle d'Inzino ecc.); uno dei sentieri più
frequentati sia nella stagione "buona" sia nel periodo invernale
è quello che parte da Pezzoro (mt. 911).
Nello zaino controllo che ci siano la macchina fotografica digitale per
le rituali immagini, una buona scorta di acqua per la notevole calura
estiva, le scarpette ginniche per la discesa.
Dopo aver superato il Rifugio Cai Valtrompia (mt. 1259), prima tappa della
salita, alzo gli occhi verso la meta lontana: illuminata dal sole, risplende
la punta del monumento al Redentore. Come resistere alla tentazione di
scattare una fotografia? Pensato e subito fatto, direte voi, ma ecco l'inconveniente:
le batterie ricaricabili risultano essere scariche.
Il disappunto è forte e la voglia di ridiscendere al Rifugio per
acquistarne di nuove altrettanto; poi prevale la rassegnazione e decido
di continuare. Questo spiega il perché del mancato inserimento
di alcune immagini personali e dell'utilizzo di foto trovate in internet.
In due ore e mezza di "scarpinata" raggiungo la vetta del Castel
Bertino, meglio nota come Monte Guglielmo, ove sorgono il Monumento al
Redentore con una porta bronzea raffigurante papa Giovanni Paolo II, inaugurata
domenica scorsa da mons. Francesco Beschi, e la statua, anch'essa in bronzo,
di papa Paolo VI.
La giornata, dicevo sopra, è assai assolata e la notevole temperatura
crea una leggera foschia che impedisce di vedere in lontananza il Bernina
e l'Adamello, ma permette di ammirare in tutta la sua ampiezza il lago
d'Iseo.
Proprio di fronte ad esso mi godo lo spettacolo e mangio la frutta che
mi sono portato; poi estraggo dallo zaino un libretto "Le ore di
Dio" edizioni Paoline. Lo sguardo cade su una pagina dal titolo "Il
dolore è per tutti". Leggo e lascio libera la mente di riflettere.
Effettivamente la vita di ogni persona non è mai del tutto al riparo
dal dolore e dalla sofferenza. Ci sono alcuni che sembrano perseguitati,
"maledetti": il loro cammino è segnato costantemente
dalla malattia, dalle tragedie famigliari o personali. Essi mi fanno pensare
al povero Giobbe.
Per altri, invece, il dolore arriva all'improvviso e li sorprende "impreparati".
Mi viene spontaneo ritenere che questo sia il caso mio. Fino ad ora ho
avuto buona salute, non sono mai stato ricoverato in ospedale, mi sono
dedicato con passione all'attività dell'insegnamento, ho coltivato
vari hobby. Insomma mi sento un "privilegiato", ma temo che
arrivino, prima o poi, i "dolori" a schiere. Sarò sufficientemente
allenato per accettarli? ...Mah!!!
Pralboino, 22 luglio 2006
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