Dal Sindech al Becco di Filadonna (mt. 2150)

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Giovedì 17 maggio 2007 è il giorno fissato per una escursione sulle montagne del Trentino con gli amici di Asola (Mn): Attilio Cappellini, Franco Lui e il pediatra dott. Beluffi.
La meta prescelta è una cima che già nel nome contiene un fascino particolare e che alla fine manterrà le sue promesse e risulterà di grande soddisfazione per tutti i partecipanti: il Becco di Filadonna. In effetti è una faticosa ma interessante, classica escursione di montagna medio-alta.

Raggiunto il bar ristorante Sindech, presso il passo della Fricca, ci carichiamo gli zaini sulle spalle ci inerpichiamo per il sentiero n. 442. La sua pendenza fino al rifugio Casarota (mt. 1572) è notevole e spesso dobbiamo tirare il fiato con brevi pause.
Dopo circa 1 ora di faticosa salita, usciamo dal fitto bosco in vista del rifugio. La stagione alpinistica non è ancora nel pieno dell'attività e quindi la struttura non è aperta. Consumato uno spuntino veloce, siamo incerti se proseguire fino alla meta prefissata oppure avventurarci per un percorso meno impegnativo poiché la situazione meteorologica non è incoraggiante: non piove, ma il cielo è molto grigio e in alto si muovono vorticose nuvole. Alla fine prevale in tutti e quattro la voglia di andare avanti.

Il sentiero è sempre ben evidente, ma le nuvole basse impediscono di ammirare il paesaggio circostante. Durante la salita abbiamo la fortuna di vedere, seppure di lontano, due splendidi camosci che addolciscono il nostro disappunto per l'assenza della vegetazione arborea: ovunque, attorno a noi,ci sono tronchi e pini mughi completamente secchi, carbonizzati da un incendio che deve risalire a qualche anno prima dal momento che erbe e fiori stanno ora ricrescendo.

Dopo circa due ore, siamo in vetta: prima tocchiamo la roccia ove si erge una grande croce in ferro e poi risaliamo alcune roccette per raggiungere il "Becco di Filadonna".
Il vento amico, mentre diamo fondo ai viveri e all'immancabile bottiglia di vino, si incarica di pulire almeno il fondovalle e così si apre ai nostri occhi un panorama spettacolare: il lago di Caldonazzo, i paesi dell'altopiano della Vigolana (Vigolo Vattàro e Vattàro) e l'altopiano di Lavarone. Mancano all'appello il gruppo del Brenta e la Valle dell'Adige, ma anche così siamo molto soddisfatti della escursione.

Sia nella salita sia nella discesa la mia mente si è ripetutamente soffermata sulla imminenza del mio pensionamento. Dal settembre prossimo, infatti, non sarò più un insegnante attivo nella scuola. La cosa, al momento, non mi emoziona affatto, non mi esalta e neppure mi abbatte: la vivo come uno dei tanti eventi della vita. Eppure in fondo al cuore avverto una vocina che mi sempre più spesso mi chiede: "Hai fatto una scelta opportuna? Non sei stato precipitoso? Ti mancherà il rapporto quotidiano con gli allievi e con l'azione educativo-didattica?"
La fatica del cammino non mi ha permesso, (fortunatamente? sfortunatamente? mah!...) di riflettere a lungo sugli interrogativi.

Ecco le immagini dell'escursione.
Con la macchina digitale non mi riesce ancora di ottenere fotografie nitide dei fiori di montagna. Peccato, perché le genziane erano meravigliose. Vedrò di capire meglio la relativa tecnica. Qualcuno, magari, può darmi utili consigli? Io ho una Fuji S5000. Grazie!

Pralboino, 18 maggio 2007

P.S.: scusate, ma a distanza di due giorni dalla nota precedente, mi viene spontanea, a proposito della tecnica per le fotografie macro, la famosa espressione manzoniana "Carneade, chi era costui?".
Sarebbe, infatti, bastato consultare il "manuale dell'utente" che accompagna l'acquisto della fotocamera per trovare la spiegazione chiara e precisa sulla modalità di ottenere immagini a distanza ravvicinata. "Il fai da te", questa volta, ha fatto un buco nell'acqua, ahimé!

A presto :-)

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