Monte Guglielmo (mt. 1948) da Passabocche

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La montagna in autunno si riveste di splendidi colori: le foglie dei faggi presentano tinte sfumate che spaziano dal marrone, al giallo e all'arancione; anche gli abeti acquistano una veste rossastra che affascina l'escursionista. E' il ricordo più bello che riporto con me a valle dopo aver raggiunto, in una limpida e assolata giornata di metà ottobre, la vetta del monte Guglielmo, percorrendo insieme con il dottor Beluffi e Attilio un itinerario affatto nuovo.

Raggiungiamo la località Passabocche (mt. 1297), sopra il paesino di Grignaghe, verso le ore 10.00 e, parcheggiata l'automobile, ci addentriamo nel bosco seguendo il sentiero n. 201. La prima parte della salita è caratterizzata dalla presenza di numerosi roccoli, ove sono appostati cacciatori che si dilettano nello sparare a volatili attirati dai "richiami" di consimili rinchiusi in piccole gabbiette. Per noi, che amiamo la natura in tutti i suoi aspetti, non è certo un bello spettacolo e ci viene spontanea anche qualche scontata battuta sulla "nobile arte" della caccia.

Raggiunto il rifugio Medelet, dove pure è tutto un pullulare di cacciatori e di spari, ci inerpichiamo per il ripido sentiero e sbuchiamo sulla Punta Caravina (mt 1848) per poi proseguire, su aerea cresta, verso il Dosso Pedalta (mt. 1957) ed infine verso Castel Bertino ove sorge il monumento al Redentore.

Da lassù, grazie alla limpida giornata, mentre ammiriamo il lago d'Iseo, il massiccio della Presolana, il gruppo dell'Adamello e, più lontani, il Bernina e l'Ortles, ci godiamo il sole caldo e consumiamo uno spuntino.

Il ritorno avviene lungo il sentiero del "3V" in direzione della malga Gale.

Di sera, seduto in poltrona, ripercorro i vari momenti dell'escursione e le emozioni della giornata: l'estate è ormai finita, ma la natura, a cavallo tra le due stagioni, vive e ci fa gustare ancora situazioni di magico splendore.
E' proprio il messaggio che la poetessa americana Emily Dickinson trasmette nei suoi versi dal titolo:

"L'estate è finita"

Sono più miti le mattine
E più scure diventano le noci.
E le bacche hanno un viso più rotondo.
La rosa non è più nella città.

L'acero indossa una sciarpa più gaia.
E la campagna una gonna scarlatta:
Ed anch'io, per non essere antiquata
Mi metterò un gioiello.

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Pralboino, 17 ottobre 2007

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